UMBERTO BELLINTANI | S. Benedetto Po 1914 – 1999

Crediti: https://www.mantovapoesia.it

Leggere il volume Nella grande pianura, 25 anni dopo la sua prima pubblicazione, avvenuta nel 1998, si ha la percezione di leggere un libro inconsueto, un pò fuori dalle righe. Bellintani si presenta con una carica espressiva e una originalità di immagini di altri tempi che in alcuni casi rasenta una visione turbata delle cose. Il soggetto di queste liriche è in bilico tra consistenza vitalistica e dispersione. Talvolta l’autore allude a una dimensione e coscienza diversa da quella ordinaria, indecifrabile. Si ha di fronte una soggettività complessa negli azzardi percettivi, nei teatri interiori e nei meccanismi inconsci, i quali conducono a una sorta di perdita della condizione vitalistica per tradursi in un corpo a corpo con la morte, privo di manovre protettive.

dal libro: Umberto Bellintani, Nella grande pianura, Mondadori, 2023.

Sspariranno anche le rondini


Cantavano bensì gli andati
uomini del mio borgo.
Ed era il tempo dei galli e dei cavalli
e di altro che non è
o non sarà tra un breve
volgere di anni mai più
su questa terra. Un riccio
più non lo vedi che raro tra le siepi
ultime, e il cùculo
sempre più lungi il suo canto riporta
addentro i boschi morenti, e verrà
tempo che in cielo non saranno più le rondini del buon Francesco.
Così
il cuore ancora si diceva l'altra notte
seguendo il mesto tramontare della luna
laddove il canto popolano più non era.












Specchio, ma non sono mie queste mani


«Specchio, ma non sono mie queste mani
e gli occhi, specchio, il volto questo volto
mortale e il naso.»
Questo io sentivo una sera in un caffè
di città, lo ricordo, a Milano.
Era il senso della vita, l'immenso della vita
e poco di poi morivo.

All'aperto


L'uomo che sta accucciato nella vecchia latrina,
guarda il muro avanti a sé e vede
i piccoli grani di sabbia, sotto la mano di colore.
E dice l'uomo a se stesso che è ben vivo
poiché sa do guardar da uomo vivo quelle cose.
Così esce all'aperto, cosciente di sé e felice
entro una luce che poteva essere ben grigia un momento fa,
quand'egli ancora entrato non era
in quella vecchia latrina. Ben vivo
egli si sente, e nulla gli è pi§ signore:
nessun uomo, nessuna cosa, nemmeno Dio.
Perciò cammina ed è padrone di tutto ciò che vede
e sente attorno a sé e lontano:
sia la distesa di campi, sia il bosco del barone
proprietario di pianure e di montagne;
sia la tana del topo, sia il gorgo impetuoso
del fiume che agguanta e annega un temerario
o sfortunato nuotatore;
e sia la nube del cielo e il sole lo spazio
e tutto il passato e futuro giro del tempo.














Antonia


E allora Antonia capì il proprio sesso.
Lo sentì. Prepotente là in fondo stava.
E un anno dopo ella era più donna,
e il sesso si faceva sentire ancor di più,
prepotente, famelico, umido di voglie.
Prepotente, famelico, umido di voglia
dei giovani muratori colle natiche sode sotto i calzoni
stretti
e dei peli delle ascelle del ragazzo che giocava ai birilli
all'osteria del borgo.
E tratto tratto il cuore s'inteneriva delle rose
e i sogni azzurri ronzavano nel suo capo,
ma ricadeva in un languore di membra
e il suo sesso sognava solitudine e sabbia
calda del fiume. Solitudine e silenzio
e l'uomo dai peli neri come il pelo del toro del contadino
con quel suo sesso, quel suo sesso sconosciuto
che ora voleva e ora ne tremava.
ma mio Dio,
come sarebbe bello senza quella cosa
terribile del ventre che si gonfia; mio Dio,
come sarebbe stato bello. Tuttavia
ne era anche estasiata: il ventre che si gonfia,
e le mammelle e i vagiti del bambino
ingordo di quelle, e l'uomo e il suo sesso
e il letto e la casa tutta piena di letizia















E questa vita tesa all'impossibile
abbraccio d'orizzonti, all'infinito,
si ridurrà in un nulla dileggiato
un giorno dalle genti, in un intrico
malevolo di voci

sinché non venga morte a riposarla
alfine in un silenzio inestinguibile.

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