[Santiago de Chile 1953 – Barcelona, 2003]
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Molti dei giovani della generazione di cileni a cui Roberto Bolaño apparteneva, guidata dal presidente medico Salvador Allende, cercava un modo diverso di attuare le grandi trasformazioni sociali, senza ricorrere alla lotta armata. Tuttavia, la destra oligarchica, classista, agraria, legata alla terra, reazionaria, alleata dei capitali stranieri e degli Stati Uniti in particolare, si era fin dall’inizio opposta a questo percorso. La fine tragica del governo Allende ebbe conseguenze devastanti sulla maggioranza della popolazione cilena, la quale dovette scontare, sotto gli anni della dittatura del generale Pinochet, l’audacia di aver agognato un percorso politico e sociale alternativo, che fosse in accordo con la realtà del Paese.
Dall’esilio in Messico, Bolaño raccontò nei suoi romanzi e nei suoi versi la nuova realtà che stava vivendo il paese sudamericano. La letteratura di testimonianza e con essa la poesia, s’incaricarono di raccontare le esperienze vissute dai sopravvissuti alla detenzione e alla tortura durante e dopo la dittatura, come forma di ribellione alla versione istituzionalizzata imposta dal potere. Si trattò di una vera e propria letteratura di denuncia che si era consolidata soprattutto dopo la scomparsa del dittatore cileno, in opposizione al processo di cancellazione e di oblio degli orrori perpetrati dai militari durante gli anni del governo militare.
AUTORITRATTO AVENT'ANNI Mi lasciai andare, lo presi al volo e non seppi mai dove avrebbe potuto portarmi. Ero pieno di paura, mi sciolse l'intestino e mi ronzava la testa: credo che fosse l'aria fredda dei morti. Non so. Mi lasciai andare, pensai che era un peccato mancare così presto, d'altra parte però avevo sentito quella chiamata misteriosa e convincente. O la senti o non la senti, e io l'avevo sentita e mi misi quasi a piangere: un suono terribile, nato dall'aria e dal mare. Uno scudo e una spada. Allora, malgrado la paura, mi lasciai andare, avvicinai la guancia alla guancia della morte. E fu impossibile chiudere gli occhi e non vedere quello spettacolo strano, lento e strano, benché integrato in una realtà velocissima: migliaia di ragazzi come me, imberbi o barbuti, ma tutti latinoamericani, che accostavano la guancia alla morte. Roberto Bolaño, da "La mia vita nei tubi di sopravvivenza", in L'università sconosciuta, traduzione in italiano di Ilide Carmignani, Sur, 2000.
OCCHI Non ti innamorare mai di una maledetta tossica: Le prime luci del giorno ti sorprenderanno Con del sangue sulle nocche e fradicio di urina. Quel piscio sempre più scuro, sempre Più preoccupante. Come quando su un'isola greca Lei si nascondeva fra gli scogli o nella camera D'una pensione a Barcellona, e recitava Ferrater A memoria in catalano scaldando L'eroina in un cucchiaio che si piegava Come se quello stronzo di Uri Geller fosse Nella stanza accanto. Non lasciarti ai e poi mai rincoglionire Da una maledetta puttana suicida: all'alba il suo volto Si dividerà in figure geometriche simili alla morte. Con le tasche vuote vagherai Inutile nella luce cinerea del mattino E allora il desiderio, spento, ti sembrerà Una battuta che nessuno si è dato la pena Di spiegarti, una frase vuota, un codice Inciso nell'aria. E poi l'azzurro. Il maledetto Azzurro. E il ricordo delle sue gambe sopra le tue. Spalle. Il suo odore penetrante e strano. La sua mano Tesa che aspetta i soldi. Aliena alle confessioni E ai gesti prestabiliti dell'amore. Aliena ai dettami Della tribù. Un braccio e due piedi bucati Più e più volte: splendenti nella riga che separava O univa ciò che è atteso da ciò che è inatteso, il sogno E l'incubo che scivolava sulle piastrelle Come l'urina sempre più nera: whisky, coca-cola E alla fine un grido di paura o di sorpresa, ma non Una richiesta d'aiuto, non un gesto d'amore, Un maledetto gesto d'amore alla maniera di Hollywood O del vaticano. E i suoi occhi, ricordi i suoi occhi dietro Quei capelli biondi? Ricordi le sue dita sporche che sfregavano Quegli occhi puliti, quegli occhi che sembravano guardarti da un altro Tempo? Ricordi quegli occhi che ti facevano piangere D'amore, contorcerti d'amore nel letto sfatto O per terra, come se la scimmia ce l'avessi tu e non lei? Non dovresti nemmeno ricordarti quegli occhi. Nemmeno per un secondo. Quegli occhi come cancellati che sembravano seguire con interesse I movimenti di una passione che non era di questo maledetto pianeta: La vera bellezza dei forti brillava là, Nelle sue pupille dilatate, nei battiti del suo Cuore mentre la sera si ritirava come accelerata, E nella nostra pensione di merda si sentivano di nuovo i rumori, I vagiti della notte, e i suoi occhi si chiudevano. Roberto Bolaño, da "La mia vita nei tubi di sopravvivenza", in L'università sconosciuta, traduzione in italiano di Ilide Carmignani, Sur, 2000.
I CANI ROMANTICI A quel tempo avevo 20 anni ed ero pazzo. Avevo perso un paese ma guadagnato un sogno. E se avevo quel sogno il resto non importava. Né lavorare, né pregare, né studiare all'alba insieme ai cani romantici. E il sogno viveva nel vuoto del mio spirito. Una stana di legno, in penombra, in uno dei polmoni dei tropici. E a volte mi guardavo dentro e visitavo il sogno: statua immortalata in pensieri liquidi, un verme bianco che si contorce nell'amore. Un amore sfrenato. Un sogno dentro un altro sogno. E l'incubo mi diceva: crescerai. Ti lascerai alle spalle le immagini del dolore e del labirinto e dimenticherai. Ma a quel tempo crescere sarebbe stato un delitto. Sono qui, dissi, con i cani romantici e qui resterò. Roberto Bolaño, da "La mia vita nei tubi di sopravvivenza", in L'università sconosciuta, traduzione in italiano di Ilide Carmignani, Sur, 2000.
IL RITORNO DI ROBERTO BOLAÑO I. Tornai con le puttane del Cile e non ci fu un bordello dove non fossi accolto come un figlio come il fratello che riappare tra le nebbie e sentii una musica deliziosa una musica di chitarra e piano e congas buona per ballare buona per lasciarsi andare e rimbalzare di tavolo in tavolo di coppia in coppia salutando i presenti per tutti un sorriso per tutti una parola di ringraziamento 2. Tornai pallido come la luna e senza troppo entusiasmo nei bordelli della mia patria e le puttane mi sorrisero con un caloreinaspettato e una probabilmente non aveva 30 anni benché ne dimostrasse 50 mi fece ballare una samba o un tango giuro che non ricordo in mezzo alla pista illuminata dalla luna e dalle stelle 3. Tornai in pace piuttosto malato magro e senza soldi e senza piani per trovarne senza amici senza una triste pistola che mi aiutasse ad aprire qualche porta e quando tutto sembrava portarmi al logico disastro finale apparvero le puttane e i bordelli le canzoni che ballavano i vecchi magnaccia e tutto tornò a brillare Roberto Bolaño, da "La mia vita nei tubi di sopravvivenza", in L'università sconosciuta, traduzione in italiano di Ilide Carmignani, Sur, 2000.